Le tecniche per mettere in sicurezza la circolazione degli immobili donati
La frequenza delle donazioni immobiliari sollecita quasi quotidianamente, nella prassi professionale, la ricerca di tecniche di “sterilizzazione” della donazione, al fine di
mettere in sicurezza la circolazione del bene donato e la sua sottoponibilità ad ipoteca.
Non è possibile esaminare nel dettaglio questi “rimedi”, perché esse dipendono fortemente dalle circostanze concrete, caso per caso differenti tra loro: il contesto familiare, l’età del donante, la situazione patrimoniale del donante e i suoi prevedibili sviluppi, l’entità della donazione (in valori assoluti e in valori relativi, cioè in rapporto al presumibile valore dell’asse ereditario, le altre attribuzioni gratuite che il donante abbia fatto ad altri suoi familiari, eccetera). Ma anche perché si tratta di tecniche ad alto contenuto specialistico, di cui non è possibile l’illustrazione con poche e semplici parole.
Comunque, in queste situazioni, la prima verifica che occorre compiere è l’accertamento di quanto tempo sia decorso dalla donazione del bene “esaminato”: se sono passati 20 anni e se non sia stato compiuto alcun atto di “opposizione” alla donazione, c’è abbastanza certezza sul punto che l’eventuale impugnazione della donazione non abbia conseguenza sugli aventi causa del bene donato (in effetti non c’è totale certezza, in quanto vi sono autorevoli, ma non condivisibili, voci secondo le quali, per le donazioni anteriori alla riforma del 2005, il ventennio non andrebbe fatto decorrere dalla donazione ma appunto dal 15 maggio 2005, giorno di entrata in vigore dei nuovi articoli 561 e 563 del codice civile).
Un’altra strategia è poi quella di provare a tastare il terreno con i legittimari del donante, per verificare la loro eventuale disponibilità alla firma di un atto di rinuncia alla stipula dell’atto di opposizione alla donazione. Come detto, l’atto di opposizione alla donazione ha l’effetto di impedire il decorso del ventennio passato il quale la donazione è per legge resa “inoffensiva” e quindi ininfluente sulla circolazione del bene donato; viceversa, la rinuncia all’atto di opposizione alla donazione produce, di regola, l’effetto di impedire che il decorso del predetto ventennio venga ostacolato.
Al di là dei casi in cui si può sfruttare il dettato degli articoli 561 e 563 del codice civile per dare tranquillità agli aventi causa dal donatario, vi sono comunque altre tecniche a disposizione, a seconda dei casi che concretamente si prospettano.
Anzitutto, si può seguire la strategia di stipulare un atto di risoluzione della donazione, finalizzato a far rientrare il bene donato nel patrimonio del donante: cosicchè non sia il donatario a venderlo, ma il donante in persona, ciò che dovrebbe impedire il sorgere di timori circa il possibile coinvolgimento di quel bene in controversie ereditarie tra i successori del donante. Tra l’altro, questo atto risolutivo beneficia, presso diversi uffici dell’Agenzia delle Entrate, di un trattamento tributario favorevole (viene cioè tassato con l’imposta fissa di registro) e quindi si rende particolarmente appetibile anche sotto questo profilo.
Una variante parziale a quanto si è appena detto è rappresentata dall’atto con cui il donatario “restituisce” al donante (di solito, con un contratto di compravendita) una quota del bene donato, in modo che la vendita del bene venga effettuata congiuntamente dal donante e dal donatario: se infatti anche il donante partecipa alla vendita del bene egli assume verso l’acquirente la garanzia per l’evizione del bene compravenduto, con la conseguenza che eventuali suoi legittimari, i quali agiscano in riduzione, si troverebbero ad essere, al contempo, titolari del diritto alla restituzione del bene donato ma anche garanti dell’avente causa da loro evitto e con ciò probabilmente disincentivati all’ azione di riduzione.
Vi è però da prestare attenzione al fatto che anche questa tecnica, se malamente utilizzata, potrebbe impattare contro il divieto di apposizione di pesi e di condizioni sulla quota di legittima, di cui all’articolo 549 del codice civile.
Un’ultima chance, ove il caso concreto lo consenta, è quella di stipulare un atto con il quale si accerti che la donazione stipulata in passato simula in effetti una compravendita; essendo così riqualificata la vicenda come compravendita simulata dietro l’apparenza di una donazione, essa non dovrebbe più impattare sulla circolazione del bene “donato”.
Non è possibile esaminare nel dettaglio questi “rimedi”, perché esse dipendono fortemente dalle circostanze concrete, caso per caso differenti tra loro: il contesto familiare, l’età del donante, la situazione patrimoniale del donante e i suoi prevedibili sviluppi, l’entità della donazione (in valori assoluti e in valori relativi, cioè in rapporto al presumibile valore dell’asse ereditario, le altre attribuzioni gratuite che il donante abbia fatto ad altri suoi familiari, eccetera). Ma anche perché si tratta di tecniche ad alto contenuto specialistico, di cui non è possibile l’illustrazione con poche e semplici parole.
Comunque, in queste situazioni, la prima verifica che occorre compiere è l’accertamento di quanto tempo sia decorso dalla donazione del bene “esaminato”: se sono passati 20 anni e se non sia stato compiuto alcun atto di “opposizione” alla donazione, c’è abbastanza certezza sul punto che l’eventuale impugnazione della donazione non abbia conseguenza sugli aventi causa del bene donato (in effetti non c’è totale certezza, in quanto vi sono autorevoli, ma non condivisibili, voci secondo le quali, per le donazioni anteriori alla riforma del 2005, il ventennio non andrebbe fatto decorrere dalla donazione ma appunto dal 15 maggio 2005, giorno di entrata in vigore dei nuovi articoli 561 e 563 del codice civile).
Un’altra strategia è poi quella di provare a tastare il terreno con i legittimari del donante, per verificare la loro eventuale disponibilità alla firma di un atto di rinuncia alla stipula dell’atto di opposizione alla donazione. Come detto, l’atto di opposizione alla donazione ha l’effetto di impedire il decorso del ventennio passato il quale la donazione è per legge resa “inoffensiva” e quindi ininfluente sulla circolazione del bene donato; viceversa, la rinuncia all’atto di opposizione alla donazione produce, di regola, l’effetto di impedire che il decorso del predetto ventennio venga ostacolato.
Al di là dei casi in cui si può sfruttare il dettato degli articoli 561 e 563 del codice civile per dare tranquillità agli aventi causa dal donatario, vi sono comunque altre tecniche a disposizione, a seconda dei casi che concretamente si prospettano.
Anzitutto, si può seguire la strategia di stipulare un atto di risoluzione della donazione, finalizzato a far rientrare il bene donato nel patrimonio del donante: cosicchè non sia il donatario a venderlo, ma il donante in persona, ciò che dovrebbe impedire il sorgere di timori circa il possibile coinvolgimento di quel bene in controversie ereditarie tra i successori del donante. Tra l’altro, questo atto risolutivo beneficia, presso diversi uffici dell’Agenzia delle Entrate, di un trattamento tributario favorevole (viene cioè tassato con l’imposta fissa di registro) e quindi si rende particolarmente appetibile anche sotto questo profilo.
Una variante parziale a quanto si è appena detto è rappresentata dall’atto con cui il donatario “restituisce” al donante (di solito, con un contratto di compravendita) una quota del bene donato, in modo che la vendita del bene venga effettuata congiuntamente dal donante e dal donatario: se infatti anche il donante partecipa alla vendita del bene egli assume verso l’acquirente la garanzia per l’evizione del bene compravenduto, con la conseguenza che eventuali suoi legittimari, i quali agiscano in riduzione, si troverebbero ad essere, al contempo, titolari del diritto alla restituzione del bene donato ma anche garanti dell’avente causa da loro evitto e con ciò probabilmente disincentivati all’ azione di riduzione.
Vi è però da prestare attenzione al fatto che anche questa tecnica, se malamente utilizzata, potrebbe impattare contro il divieto di apposizione di pesi e di condizioni sulla quota di legittima, di cui all’articolo 549 del codice civile.
Un’ultima chance, ove il caso concreto lo consenta, è quella di stipulare un atto con il quale si accerti che la donazione stipulata in passato simula in effetti una compravendita; essendo così riqualificata la vicenda come compravendita simulata dietro l’apparenza di una donazione, essa non dovrebbe più impattare sulla circolazione del bene “donato”.