L'atto di opposizione alla donazione

Un parziale rimedio al problema della circolazione degli immobili donati è stato introdotto nel 2005 con la riforma degli articoli 561 e 563 del codice civile (ad opera del dl 35/2005, convertito in legge 80/2005).

Con queste nuove norme è stato disposto che, dopo 20 anni dalla trascrizione della donazione nei Registri Immobiliari, un’eventuale lite ereditaria tra gli eredi del donante non impedisce ai beni donati di circolare “tranquillamente” (e non provoca la cancellazione delle ipoteche iscritte che siano state iscritte su detti beni): viene cioè quasi del tutto sterilizzato il timore che un legittimario, leso nei suoi diritti di legittima, si soddisfi sui beni donati (chiunque sia il loro attuale proprietario) se non trova soddisfazione nel patrimonio del donatario.

Lo scopo di questa nuova normativa è evidente: essa ha l’obiettivo di “mettere in sicurezza”, dopo un certo lasso di tempo, la circolazione dei beni donati, di modo che l’avente causa dal donatario non riceva dall’ordinamento un trattamento addirittura deteriore rispetto a colui che, acquistando un bene da chi non ne sia il proprietario, al massimo dopo un ventennio di possesso, forma in capo a sé, mediante l’usucapione, il titolo acquisitivo del bene posseduto.

La nuova norma tuttavia dispone anche che il decorso di questo ventennio dalla trascrizione della donazione è però impedito se il discendente, il coniuge o l’ascendente del donante stipulino il cosiddetto “atto di opposizione alla donazione”, inedita figura giuridica sempre introdotta dal dl 35/2005 nell’articolo 563 del codice civile.

L’atto di “opposizione” alla donazione è un atto stragiudiziale (non è cioè una impugnazione della donazione), che può essere compiuto solo dal coniuge e dai parenti in linea retta del donante e che va notificato al donatario e che pure va trascritto nei Registri Immobiliari.

Il compimento di questo atto di “opposizione” ha dunque l’effetto di impedire il decorso del ventennio dopo il quale il bene donato ottiene una sorta di “affrancamento” dal fatto di esser stato oggetto di donazione.

Vale a dire che l’atto di opposizione alla donazione impedisce, anche dopo il ventennio, di considerare la donazione ininfluente rispetto alla circolazione del bene donato. Con la stipula dell’atto di opposizione alla donazione si torna cioè alla medesima situazione che vi era prima di questa riforma legislativa: chi compra il bene donato o chi iscrive su di esso un’ipoteca può vedersi pregiudicato dalla restituzione del bene agli eredi provocata dal vittorioso esperimento dell’azione di riduzione verso il donatario il cui patrimonio non sia sufficientemente capiente per soddisfare le ragioni dei legittimari del donante.

Se quindi prima del dl 35/2005, la tutela dei legittimari poteva essere definita in termini di “tutela assoluta”, e cioè senza eccezioni, dopo la novella questa tutela si è dunque evidentemente “relativizzata”: se trascorrono venti anni e non sia stata fatta la “opposizione”, non è più esperibile l’azione di restituzione contro gli aventi causa del donatario.

In altri termini, dal comportamento silente o inerte del legittimato all’opposizione, protratto per un ventennio, consegue la “purgazione” del bene donato dagli ostacoli che alla sua circolazione deriverebbero dalla sua sottoponibilità all’azione di restituzione.