Le imposte per chi acquista


La normativa che regola tale fattispecie è alquanto complessa e può essere schematicamente semplificata, avendo riguardo ad un profilo soggettivo e ad uno oggettivo.

Sotto il primo punto di vista, è opportuno sottolineare come due siano i principali tipi di imposta correlati alla compravendita immobiliare: l'imposta di registro (e le relative imposte ipotecarie e catastali) e l'Iva.

L'applicazione dell'una o dell'altra imposta è direttamente connessa con la qualificazione soggettiva della parte venditrice: l'Iva si applica, infatti, in generale e salvo alcune particolari esclusioni, a tutte le vendite effettuate da imprese, chiunque sia l'acquirente; l'imposta di registro si applica, invece, in tutte le ipotesi in cui il venditore sia un soggetto privato non imprenditore nonché in alcuni particolari casi di vendita da parte di imprese, in considerazione del genere di bene compravenduto (profilo oggettivo).

L'applicazione di un tipo di imposta preclude quindi l'applicazione dell'altro.

Nell'ambito di ogni tipo di imposta, vi è poi una diversificazione di aliquote (ossia della percentuale di tassazione da calcolare sul valore dichiarato) in considerazione anche qui, della natura del bene e del soggetto (questa volta) acquirente (e di eventuali particolari agevolazioni che lo stesso può richiedere).

Schematicamente ed esemplificando si può così sintetizzare:

- vendita da impresa costruttrice: Iva (4%-10%-20%) (salvo terreni agricoli);

- vendita da imprese diverse: Iva (4%-10%-20%) (se immobili non abitativi e terreni edificabili altrimenti imposta di registro);

- vendita da privati: imposta di registro (3%-10%-11%-18%) (in considerazione della natura del bene).

 

Le agevolazioni per l'acquisto della "prima casa"

Come sopra già visto, per determinare tipo di imposta, importi e modalità di pagamento delle somme da versare, ai fini fiscali, in conseguenza dell’acquisto della cosiddetta prima casa di abitazione bisogna aver riguardo anzitutto al soggetto venditore.

Allorquando, infatti, il venditore sia l’impresa costruttrice (o ristrutturatrice) dell’immobile, la compravendita è soggetta al regime fiscale dell’IVA, che l’acquirente ha l’obbligo di versare all’impresa stessa, e non al notaio, contestualmente al pagamento del prezzo di vendita (sia se pagato – come di rado accade – in unica soluzione al momento della consegna dell’immobile e della sottoscrizione del contratto notarile di acquisto, sia se pagato – com’è più frequente – in più tranche a titolo di acconto) e dietro presentazione di regolare fattura (o regolari fatture, in caso di più versamenti); l’importo dell’Iva da versare al costruttore è pari al 4% del prezzo di vendita concordato, così come riportato in fattura (o nelle fatture) e dichiarato nell’atto di compravendita dinanzi al notaio.

Quantunque, quindi, l’imposta principale debba essere pagata dall’acquirente al venditore (che provvederà poi a riversarla al fisco) unitamente al prezzo di acquisto, al momento del passaggio di proprietà vero e proprio dell’immobile, l’acquirente ha altresì l’obbligo di pagare al notaio, oltre ai suoi legittimi compensi per tutto l’operato svolto e da svolgere, anche una serie di imposte e tasse direttamente connesse alla stipulazione del contratto di compravendita (a mero titolo esemplificativo imposte di registro, ipotecarie, catastali, di bollo, solo per citare le più rilevanti) e che il notaio ha, pertanto, il dovere di restituire allo Stato al momento del compimento di tutti gli adempimenti su di lui incombenti per effetto, appunto, della compravendita immobiliare (registrazione del contratto, trascrizione dello stesso presso la Conservatoria dei Registri Immobiliari competente e sua volturazione presso il competente Catasto).

Nell’ipotesi, invece, in cui il venditore non sia un’impresa costruttrice ma sia un privato (potrebbe anche essere un’impresa o una società ma che non svolge attività edilizia: sarà comunque compito del notaio incaricato della stipula, in accordo con il commercialista del venditore, verificare quale sia la disciplina fiscale applicabile al caso concreto), l’acquirente ha l’obbligo di pagare al notaio, al momento della sottoscrizione del contratto di compravendita, una somma pari al 3% del prezzo di vendita concordato e dichiarato nell’atto notarile, a titolo di imposta di registro, nonché un’altra somma per il pagamento di una serie di altre imposte e tasse connesse alla stipula del contratto ed al conseguente passaggio di proprietà (imposte ipotecarie, catastali, di bollo, ecc., come già evidenziato sopra in merito all’ipotesi di atto soggetto ad Iva).

Somme tutte che il notaio riscuote nella sua (poco felice!) veste di esattore per conto dello Stato ed a cui provvede a riversarle al momento del compimento di tutti gli adempimenti obbligatori per Legge.

Quattro sono i requisiti richiesti dalla normativa vigente per usufruire delle agevolazioni fiscali per l’acquisto della prima casa, consistenti, appunto, nell’applicazione (alternativa) dell’aliquota al 4% (per l’Iva) ed al 3% (per l’imposta di registro) anziché al 10%: il primo, a carattere oggettivo, consiste nell’essere la casa da acquistare una “abitazione non di lusso”; gli altri tre, a carattere soggettivo, consistono nell’avere la propria residenza anagrafica nel Comune ove è situato l’immobile acquistato (o nell’impegnarsi a prendere ivi la residenza entro diciotto mesi dalla firma del contratto di acquisto o svolgere ivi la propria attività), nel non essere proprietario esclusivo (anche in comunione con il proprio coniuge) di altra casa di abitazione nello stesso Comune ove si trova appunto l’immobile acquistato, ed infine nel non essere proprietario neppure per quote (anche in comunione con il proprio coniuge) di altra casa di abitazione acquistata usufruendo già delle agevolazioni fiscali per la cosiddetta prima casa.

Una volta goduto di dette agevolazioni fiscali, non è possibile rivendere l’immobile acquistato prima che siano decorsi cinque anni dalla data dell’atto, pena il pagamento di una somma pari alla differenza tra imposta pagata e imposta che si sarebbe dovuto pagare come “seconda casa”, maggiorata di una sanzione pari al 30% oltre agli interessi. L’attuale normativa consente tuttavia di rivendere la “prima casa” senza incorrere nel pagamento della sanzione suindicata nell’ipotesi in cui entro un anno dalla data di vendita della casa, si provveda a riacquistarne un’altra da adibire a propria abitazione. In questa ipotesi, inoltre, non soltanto si evita, come detto, il pagamento dell’ulteriore imposta con la relativa sanzione, ma è possibile anche detrarre dalla somma dovuta a titolo di imposta di registro per il nuovo acquisto l’importo dell’imposta (di registro o sul valore aggiunto) già pagata in occasione del primo acquisto (il classico “due piccioni con una fava”!): è questo, in termini tecnici, il cosiddetto “credito d’imposta”, per le cui modalità ed ambito di applicazione è sicuramente opportuno rivolgersi al notaio di fiducia, che, valutando con specifica attenzione il caso concreto, suggerirà le possibili soluzioni e consiglierà in modo da garantire il maggior risparmio economico consentito dalla legge.